Talvolta mi vengono le crisi epicentriche. Non sempre ne esco a norma di legge. A volte mi capita d'uscirne un po' ammaccato, ma si sa l'ammaccatura e segno d'uso, e l'uso è il segno del consumo, e il consumo è il segno dell'uso e consumo del consumo. Un vecchio saggio diceva "E' bene non citare i vecchi saggi, diceva un vecchio saggio". Ma nessuno l'ascoltò. E forse per questo che ci troviamo qui, ora, a zappare la terra con le bic finite. E trapiantare le mangrovie con le pinzette da orafo. A maciullare la carne trita col temperamatite. E forse ce lo meritirmo anche un po'. Un vecchio stolto diceva "E' bene citare i vecchi stolti, perchè sanno dirti cose che i savi non direbbero mai". Era proprio stolto. Ma non mi interessa particolarmente essere stolto o savio, stavio o solto, stolvio o salvo. Mi basta essere entalpicamente in forma. Pronto per una nuova giornata di luoghi comuni, banalità, clichè, odontoiatri zoppi, mummie venusiane, rabbini col sombrero. E mille altre inutilità sfornate dalla società del rigurgito. Il sudore del mondo che condensa nel nostro cervello trapassato da spilli e chiodi di rame, che ultimamente diventa prezioso quanto l'oro. Loro invece s'impreziosiscono come il ciarpame da robivecchi, rimescolando la banalità della mutanda usata, per dritto, per rovescio, dentrofuori, sottosopra, come se fosse una novità. Ma io dico no.
Però tanto, chi se ne frega di cosa dico io.
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